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Robert Downey Jr and Guy Ritchie ’ photocall in Rome, Italy

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RitaT&P
view post Posted on 11/12/2011, 21:57 by: RitaT&P




Sherlock Holmes: Gioco di ombre: parlano Ritchie e Downey Jr.

http://www.movieplayer.it/film/articoli/sh...downey-jr_8960/

a cura di Marco Minniti pubblicato il 11 dicembre 2011

Il regista e l'attore, insieme ai produttori Joel Silver e Lionel Wigram, hanno presentato in un'affollata conferenza stampa il riuscito sequel del blockbuster del 2009, dedicato al celebre detective.



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Il successo dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie, con un detective insolitamente atletico e scapestrato interpretato da Robert Downey Jr., affiancato dal più riflessivo compare Watson a cui dava il volto Jude Law, imponeva naturalmente un sequel. Arrivato due anni dopo il prototipo, questo Sherlock Holmes: Gioco di ombre non tradisce certo le aspettative, mantenendosi sulla scia del fortunato predecessore ma ampliando il raggio d'azione (che spazia ora tra Londra, la Francia, la Germania e infine la Svizzera), offrendo quantitativi di adrenalina ancora più generosi e introducendo la nemesi storica del personaggio, quel Moriarty qui ottimamente interpretato da Jared Harris e in procinto di scatenare, con le sue macchinazioni, un conflitto mondiale. I fans del primo film e in genere del cinema di Guy Ritchie non resteranno certamente delusi da questo sequel, mentre chi è rimasto legato all'immagine ingessata e un po' aristocratica del personaggio tramandata da un secolo di cinema e televisione storcerà probabilmente la bocca quanto, e più, che col predecessore.
Il film è stato comunque presentato, davanti a un cospicuo numero di giornalisti, in una conferenza stampa svoltasi in un hotel del centro di Roma, con il regista, il protagonista e i produttori Joel Silver e Lionel Wigram a soddisfare le numerose curiosità dei presenti.

Downey Jr., nel film il matrimonio di Watson è visto un po' come un Armageddon, mentre l'unico punto debole di Sherlock Holmes sembra essere l'attrazione per una donna. E' un punto di vista che condivide?
Robert Downey Jr.: In realtà noi volevamo un modo divertente per giustapporre il matrimonio di Watson al personaggio di Sherlock, così abbiamo pensato a questa sua avversione. Nei romanzi originali, Sherlock Holmes in realtà ammira molto le donne.

Il successo del vostro Sherlock Holmes è dovuto al fatto che riunisca un po', in un mix, un serie di personaggi da Batman a James Bond?
Robert Downey Jr.: Il successo credo sia dovuto al fatto che i produttori hanno deciso di mettere insieme Guy come regista e me come interprete, e che abbiamo offerto un'ottica diversa sul personaggio. Le storie di Arthur Conan Doyle, poi, hanno informato un po' tutti i supereroi moderni: se andiamo a vedere, Moriarty è venuto prima di Dr. No.
Guy Ritchie: Conan Doyle ha creato un personaggio "alla Bond" già 130 anni fa, con una storia molto sofisticata: una serie di romanzi che erano accessibili e divertenti, con un eroe d'azione che era anche intellettuale.
Joel Silver: E' stato Lionel a parlare per primo di una versione di Guy di Sherlock, tirava fuori sesso l'argomento e ne era entusiasta. Volevamo raccontare una storia vittoriana in modo fresco e contemporaneo: se pensate che ciò che ne è venuto fuori sia eccitante come Bond e Batman, sinceramente ne sono contento. Le storie di Sherlock, poi, sono sempre state seriali, a partire dai romanzi originali: fra qualche anno, mi piacerebbe star qui a parlare di Sherlock 23, come adesso si parla di Bond 23!

Guy Ritchie è un autore di cinema indipendente che si è prestato a un prodotto seriale destinato al grande pubblico. Secondo voi questo fa un po' la differenza rispetto ad altri prodotti, più stereotipati?
Joel Silver: Io credo che molti di questi registi, come Guy o altri, siano venuti da fuori del sistema, da produzioni indipendenti, per poi essere adottati dagli studios e affrontare storie mainstream, ma sempre con uno stile originale. Mi piacerebbe produrre altre pellicole del genere, che vengono da registi indipendenti prestati alle grandi produzioni.
Guy Ritchie: Ultimamente si sta verificando il fenomeno per cui i film indipendenti stanno "appassendo", mentre la qualità dei film prodotti dagli studios sta aumentando. Ritengo che questo matrimonio tra cinema indipendente e grande produzione sia un momento unico nella storia del cinema, e mi fa piacere farne parte.

Come avete lavorato affrontando le storie classiche? Le avete rilette e messe da parte per offrirne la vostra visione, oppure avete affrontato dei punti chiave mettendoli in evidenza?
Robert Downey Jr.: Alcuni punti chiave erano fondamentali e abbiamo deciso di metterli in evidenza. In questo film, per esempio, doveva avere maggiore ampiezza il dualismo Sherlock/Moriarty, e ogni volta che eravamo indecisi sulla strada da prendere, tornavamo a guardare le storie originali. In questo, i romanzi di Doyle ci hanno "servito" benissimo: poi, io sono tra quelli che pensano che, quando ci si ispira a una storia scritta da qualcun altro, non si possa mai fare meglio dell'originale.

Nel film sembrano esserci dei riferimenti alla graphic novel The League of Extraordinary Gentlmen di Alan Moore, che a sua volta presentava vari riferimenti "bondiani". E' solo un caso?
Lionel Wigram: Io sono un grande fan di quella graphic novel, e sono cresciuto con i film di James Bond, ma l'influenza, se c'è, è solo casuale. La graphic novel da me scritta, che ha dato origine al primo film, trae le sue immagini direttamente dalle storie di Doyle, e credo che tutti, sul set, abbiano condiviso quella visione.

Downey Jr., dal film traspare una sua grande passione per questo progetto. Cosa ha apportato lei al personaggio, e cosa ha apportato invece Guy Ritchie?
Robert Downey Jr.: Sul set, io, Guy e il resto della troupe discutevamo spesso, litigavamo persino, ma alla fine siamo riusciti a ottenere una sintesi: quello che il pubblico ha visto, è che avevamo un immenso rispetto l'uno dell'altro.
Guy Ritchie: Da parte di tutto il team creativo c'è stato entusiasmo per un personaggio ancora enigmatico. L'entusiasmo è stato fondamentale, è stata la spinta alla base di tutto: abbiamo litigato e discusso un sacco, ma siamo felici, visto che siamo stati tutti sono stati complici dal punto di vista creativo.
Joel Silver: Anche la moglie di Robert, Susan Downey è stata fondamentale nel processo creativo: con la sceneggiatura, faceva come un cane col freesbee, non voleva mai mollarla. Tutti noi abbiamo cercato di rendere questo film speciale, e credo che abbiamo trovato la strada per farlo: trovo che sia il miglior sequel da noi realizzato, divertente, fresco, un grande film per le famiglie e per le feste natalizie.
Lionel Wigram: E' anche da dire che, una volta girata una scena, Guy stava sempre lì a chiederci come si poteva migliorare: tutti noi ci facevamo questa domanda, sul set, puntavamo sempre alla possibilità di migliorare quello che era stato già fatto, e credo sia per questo che il film è venuto così bene.

Ritchie, cosa risponderebbe se le chiedessero perché in questi due film non c'è il classico Sherlock Holmes con la lente e la mantellina?
Guy Ritchie: L'estetica non doveva essere per forza quella originale, non volevamo fermarci a una visione stereotipata del personaggio. Volevamo che l'estetica del personaggio fosse altrettanto fresca come nostra visione della storia.

In effetti, rispetto al film precedente, l'aspetto "selvaggio" di Sherlock Holmes è ancora più sottolineato, anche nei travestimenti...
Robert Downey Jr.: Ma la visione classica con mantellina, lente, ecc. è solo una stereotipizzazione introdotta successivamente da cinema e tv, mentre i travestimenti erano già presenti nelle storie originali: nel nostro film, poi, non erano mai abbastanza, e ce n'è persino uno "disgustoso" nella scena del treno...

Come mai la scelta di un attore come Stephen Fry per interpretare Mycroft Holmes, fratello del protagonista? Nel film, tra l'altro, c'è una divertente scena in cui il personaggio si spoglia...
Guy Ritchie: L'idea è stata di Chris Martin (cantante dei Coldplay, ndr), nostro amico comune e anche lui fan di Holmes. Noi abbiamo subito provato a immaginarlo nel ruolo, e una volta visto Robert e io abbiamo pensato fosse fantastico. E' una persona intellettualmente notevole... almeno finché non si spoglia!

Downey Jr., lei ha fatto qualche corso di arti marziali per i combattimenti del film?
Robert Downey Jr.: No, io già conoscevo il kung fu cinese, mentre Guy è bravo nel Jujitsu. Volevamo comunque che gli scontri avessero un forte contrappunto emotivo, il film ha una parte fisica molto importante. Nel prossimo film probabilmente introdurremo il Baritsu, una sorta di Jujitsu all'inglese.

Con questa sterzata del personaggio verso storie alla James Bond, non credete si corra il rischio di ridurre la parte strettamente investigativa?
Robert Downey Jr.: Potrebbe succedere, certo, sappiamo che è un pericolo. Comunque stiamo già parlando, per il prossimo film della serie, di impostare una storia con una parte investigativa più presente, non abbiamo ancora affrontato la questione ma è senz'altro una possibilità.

Già dal primo film c'era una singolare alchimia tra i protagonisti, che qui si perfeziona ed è uno degli elementi più divertenti del film; un'alchimia che sembra esserci anche tra i due attori. Come siete riusciti a crearla, e cosa c'è del regista in questo?
Guy Ritchie: Un regista una volta disse che il 90% della regia è costituito dal casting: in questo caso, ci è voluto un po' per scegliere il partner del protagonista, ma fin dall'inizio eravamo sicuri di Robert, e quando abbiamo visto Jude dopo 30 secondi abbiamo pensato che fosse perfetto. Questa alchimia tra i due ci piace molto perché è l'essenza del film: è come se tu, regista, guidassi la carica e loro andassero da soli verso la tigre.
Robert Downey Jr.: Se il pubblico non avesse reagito positivamente al casting del primo film, non saremmo stati qui nel sequel; quando si torna ad un personaggio, alcune cose possono perdersi, quindi bisogna ampliare alcuni aspetti e approfondirli. Nel nostro caso, volevamo che il personaggio di Watson raccontasse una storia dolorosa, interessante e misteriosa del suo rapporto con Sherlock.

Nel film stupisce la massiccia presenza di armi, l'uso stesso di questo concetto in un contesto storico di guerra imminente. Avete fatto un lavoro "filologico" su questo aspetto?
Lionel Wigram: Ovviamente siamo stati ispirati dalla storia: il concetto del film è che Moriarty stesse cercando di far scoppiare il conflitto mondiale venti anni prima del suo effettivo inizio. Abbiamo fatto ampie ricerche sulle armi presenti nel film, sono tutte basate su prototipi reali, anche se magari sono uscite cinque anni dopo gli eventi raccontati nel film: storicamente, però, siamo nel periodo corretto.


CINEMA: GUY RITCHIE E ROBERT DOWNEY JR. A ROMA PER IL SEQUEL DI SHERLOCK HOLMES Domenica 11 Dicembre 2011 20:12 G. M. Ireneo Alessi

http://primapress.it/index.php?option=com_...nema&Itemid=201

PRIMAPRESS) ROMA – Una calorosa accoglienza per Guy Ritchie in visita oggi a Roma per la presentazione dell’ultimo nonché esplosivo film di Sherlock Holmes: Gioco di ombre. “È spettacolare essere a Roma”, afferma il regista. Con lui presenti in conferenza stampa anche un elegantissimo Robert Downey Jr. e i produttori del film, Lionel Wigram e Joel Silver. Ma è Jude Law il grande assente, rimasto in Inghilterra per girare Anna Karenina insieme a Joe Wright.

I sequel sono sempre una sfida impegnativa che sovente rischiano di essere dei flop. Ecco perché Downey Jr. mette subito in chiaro che: “Questo, prima di tutto, è il frutto di una profonda collaborazione e di una immensa passione per le storie di Arthur Conan Doyle. Potrei interpretare Sherlock all’infinito, specialmente continuando a lavorare con questo team. Certo, il pericolo dei cliché è in agguato soprattutto quando si punta sull’azione. Non a caso, ogni volta che eravamo perplessi, tornavamo a guardare le storie originali. Ci sono, infatti, almeno venti citazioni tratte direttamente dai libri, in questo film”. Sempre secondo l’attore, il successo del franchise consiste proprio “nell’approccio fresco e moderno utilizzato”.

Sono molti gli elementi nel film che rendono questo Sherlock Holmes un incrocio fra un supereroe ed un precursore di James Bond. Per Guy Ritchie: “Arthur Conan Doyle ha creato un personaggio alla Bond molto prima di tutti. Credo fermamente che gli eroi moderni siano stati influenzati in qualche modo dai suoi scritti”. Bond oramai è diventato un prodotto seriale, sono arrivati al ventitreesimo episodio. Ed a proposito della serialità bondiana, Joel Silver si augura di tornare a Roma per presentare “Sherlock 23”.

La presenza nel cast di Noomi Rapace, nel ruolo di Sim, garantisce al titolo una buona dose di ‘girl-power’ tra Sherlock e Watson. Secondo lo stesso Ritchie, infatti, “i ruoli femminili apportano tanto”. “Purtroppo avendo a che fare con il cattivo Moriarty, dovevamo operare delle scelte e sapevamo già che il personaggio di Irene (Rachel McAdams) sarebbe stato messo in disparte.

Per quanto concerne l’estetica del personaggio, poi, il regista è molto chiaro: “Mi sarebbe piaciuto usare il tipico cappello e la mantellina, ma non volevamo rifarci all’iconografica classica di Holmes perché non è tratta dalle idee originali di Doyle. Un ringraziamento speciale va anche a Chris Martin, il frontman dei Coldplay, che con le sue idee ha contribuito ad arricchire il film. Sherlock Holmes: Gioco di ombre uscirà nei cinema italiani il 16 dicembre, distribuito dalla Warner Bros in 600 copie. (PRIMAPRESS)






DOWNEY JR E’ SHERLOCK HOLMES
www.cinespettacolo.it/csmain/articolo.asp?aid=7926

L’attore e il regista Guy Ritchie presentano in anteprima,a Roma,"Gioco di Ombre" in sala da venerdì



Sherlock Holmes non invecchia ma Robert Downey Jr., il suo interprete più recente, sì, anche se resta l’Holmes più intrigante di sempre. Dal canto suo Sherlock negli ultimi decenni è stato in cura da Sigmund Freud o in lotta contro Dracula finchè, appunto nel 2009, Guy Ritchie lo ha ributtato in pista ironico e irrequieto, ma per il suo interprete (che di cure per disintossicarsi ne ha fatte tante) cambiare significa invecchiare (ma se tutti invecchiassero come lui vorremmo un mondo di ultraquarantenni!) e lui, oggi quarantaseienne, confessa che avviarsi ai cinquanta, e sia pure col cuore gonfio di felicità per l’imminente nascita del figlioletto, non lo rallegra affatto.

In compenso lo rallegra (e non poco) vestire i panni dell’investigatore in questo Sherlock Holmes. Gioco di ombre, sequel dello Sherlock Holmes di due anni fa, dal 16 dicembre sui nostri schermi. Parola sua: “I travestimenti mi hanno divertito un sacco, anche se vedermi vestito da donna mi ha un po’ disgustato. E anche se devo ammettere che non sono mai stato un lettore delle avventure di Sherlock Holmes, leggevo poco da giovane. In compenso, leggendo oggi Conan Doyle, ho capito che Holmes lo si può interpretare in molti modi e questa è già una cosa molto divertente. E’ unico e sfaccettato insieme ed ama l’azione, oltre che le armi e le pistole. Ama la boxe, non è il paludato personaggio che molte volte abbiamo visto sullo schermo. Per tutto ciò mi ha divertito un sacco”.

Così Downey Jr. che, però, stavolta, giocando a menar le mani qualche precauzione l’ha presa: “Nell’azione mi son fatto guidare dal regista e sono stato più attento che nel primo film a non farmi troppo male. Ho preferito non fare l’eroe, non esagerare dato che sono a un passo dai cinquanta anni e lasciare le scene più pericolose alla controfigura”
Insomma meno lividi rispetto al primo film, più action (fuori di dubbio) e molti tentativi per sfuggire alla banalità. Come dice lui: “Abbiamo cercato di evitare che questo sequel fosse, come spesso avviene per i sequel, una schifezza, inventandoci molte cose e lavorando creativamente con entusiasmo.D’altra parte il personaggio, dopo oltre due secoli ancora tanto enigmatico, si presta e tutti siamo stati complici nel gioco creativo”.

E il regista: “Lavoravamo su tutte le scene e poi ci tornavamo per migliorarle, convinti che sempre fossero migliorabili. E cercavamo anche un aspetto estetico molto fresco”. Cioè forma e sostanza, tutto rinfrescato, rinnovato, persino rivoltato.
Si è divertito, insomma, Downey Jr. e non è solo. Con lui si divertirà in questo secondo capitolo, lo spettatore che, piaccia o non piaccia, si trova davanti a uno Sherlock Holmes mai visto (o meglio visto solo nel primo film del 2009 di Richtie) perchè diseguale, disomogeneo, disconnesso da tutti gi altri (a decine) che si sono ineguiti su grande e piccolo schermo.

Qui il detective interpretato da Robert Downey Jr e il suo inseparabile amico-collega-confidente (con sottolineatura viscerale del legame tra i due) Dottor Watson con la faccia di Jude Law sono ancora piuttosto giovani (come del resto erano nei primi romanzi di Conan Doyle), energici, avidi di vita e combattenti e Sherlock è lontano miglia dagli stereotipi di vittoriano ingessato di tanti film e serie tv. Il 16 dicembre, dunque, appuntamento al cinema per questo secondo capitolo, sulla scia di oltre ventimila euro incassati dal primo film.

Oltre ai due protagonisti torna anche la Rachel McAdams-Irene Adler che affascina Holmes, con parte un po’ rosicchiata dall’altra donna del film, Noomi Rapace (lanciata da Uomini che odiano le donne), nel ruolo di una zingara che legge il futuro, poi fondamentale tassello del puzzle in un insieme che dà, stavolta, un grande peso alle donne. Antagonista (che nel primo film tramava nell’ombra ma non appariva mai) è il terribile Professor Moriarty (Jared Harris), il Napoleone del crimine secondo Holmes.

Lo rifaranno? Sarà di nuovo un successo mozzafiato? Sarà ancora vincente il mix classico + autore indipendente + soldi hollywoodiani? “Sì perchè Conan Doyle ha creato un personaggio alla Bond molto prima di chiunque altro, è stato un primo grande sceneggiatore e sono felice che Downey sia riusciuto a tirarlo fuori. Ma il punto era farlo sembrare fresco e contemporaneo: se il pubblico lo trova eccitante come Batman o Bond abbiamo raggiunto lo scopo. E, poichè sino ad oggi Sherlock è stato più oggetto di singoli film o di serie tv, vorrei tanto che questa diventasse una saga cinematografica, magari ci trovassimo qui tra 23 anni a parlare ancora di un film su Sherlock”.

E il futuro per la star sospesa tra Iron Man e Sherlock Holmes, è un discorso di domani: “Oggi del mio futuro non riesco a parlare, sono troppo concentrato su Sherlock ma sono dell’idea che, d’altra parte, non si può fare l’eroe d’azione troppo a lungo, senza far ridere, senza far vedere che si è invecchiati”.
Nelle sale dal 16 dicembre distribuito da Warner Bros in 600 copie







Fate il vostro gioco! Arriva Sherlock Holmes Number Two!
Attualità, Interviste11/12/2011
Che gioia andare al cinema ed assistere ad un eccellente film di grande intrattenimento intelligente e divertente. Questo e molto altro è Sherlock Holmes – Gioco di Ombre, secondo capitolo delle avventure di uno degli uomini più dotati intellettualmente e non solo usciti dalla penna di un altro genio Sir Arthur Conan Doyle.

Robert Downey Jr. (Sherlock Holmes) e Jude Law (John Watson) tornano sugli schermi dal 16 dicembre, distribuisce Warner Bros. in 600 copie e ci fanno vivere una nuova pericolosissima e spettacolare impresa, ancora diretta dal talentuoso Guy Ritchie.

A Roma per presentare il film sono arrivati Guy Ritchie, Robert Downey Jr. e due dei produttori: Joel Silver e Lionel Wigram. Accolti da un grande entusiasmo, vista la riuscita assoluta della pellicola, Ritchie afferma subito: “Non vi sono particolari segreti che vi devo svelare perché questo sequel è venuto così bene, tutto lo si deve a Conan Doyle, quello che serve è tutto stato già scritto alla fine del XIX° secolo. Prima di James Bond, del Doctor Who e di chiunque altro vi venga in mente perché Holmes ve lo ha ricordato, esisteva già. Doyle è stato un grandissimo scrittore ed è stato il primo sceneggiatore che ha creato un action/hero intellettuale”.

Aggiungiamo inoltre che la straordinaria combinazione di un regista fondamentalmente legato al cinema indipendente come Guy Ritchie - vedi RocknRolla, Lock and Stock, Snatch e poi Sherlock Holmes - e un attore come Robert Downey Jr. anche lui perennemente altalenante da film come Guida per riconoscere i tuoi santi ad Iron Man, più una Major dietro che ti produce hanno dato come risultato, quello che tutti gli amanti del cinema si augurano sempre: un buon film di intrattenimento che non consideri il pubblico dei lobotomizzati. E i due Sherlock Holmes ne sono tra le migliori dimostrazioni.

Dopo l’enorme successo del primo film ritroviamo Holmes e Watson sempre giovani – come del resto erano nei primi romanzi di Sir Arthur Conan Doyle – energici, abbiamo uno Sherlock ironico e vitale, lontano dagli stereotipi di vittoriano ingessato di tanti film o serie tv. Del resto, un tipo che nei romanzi si inietta cocaina e morfina – ‘perché la vita è troppo noiosa’ – è lontano dall’immagine del vittoriano bacchettone, anche se questa parte della psicologia di Holmes è, chiaramente, solamente accennata nei film di Ritchie. In questa nuova avventura oltre ai nostri due ritroviamo l’affascinante Rachel McAdams ovvero Irene Adler, ma la sua parte è ridotta perché la vera protagonista femminile è Noomi Rapace (la hacker Lisbeth Salander della trilogia Millennium – Uomini che odiano le donne), nel ruolo della zingara Sim che legge il futuro e aiuta il detective nelle sue indagini. L’antagonista – che nel primo film tramava nell’ombra ma non appariva mai – è il terribile Professor Moriarty (Jared Harris), il ‘Napoleone del Crimine’ secondo Holmes. E, indimenticabile, l’entrata di un attore grandioso come Stephen Fry nei panni di Mycroft Holmes, fratello del protagonista. Guy Ritchie ci ha detto che l’idea di coinvolgere un ‘mostro sacro’ come Fry gli è stata suggerita dal suo amico Chris Martin, il leader dei Coldplay.

Holmes ha un talento deduttivo strepitoso, è scontroso e a volte insolente – soprattutto nei confronti delle forze dell’ordine – ed è, talmente affascinante, che non si può non adorarlo. Proprio come il suo epigono il Dottor House, modellato dagli sceneggiatori sul carattere di Holmes e definito il ‘detective della malattie’. Combinazioni che rendono e dimostrano la perenne vitalità dei personaggi di Conan Doyle.

Robert Downey Jr. che è geneticamente ‘cool’, non lo disegnano è nato così, a proposito della sua conoscenza dei libri di Doyle confessa: “Ho iniziato a leggere i racconti e i romanzi di Conan Doyle solo di recente, quando mi hanno proposto di interpretare Holmes e, da allora, sono rimasto totalmente affascinato dalla sua creatura. Io non ho mai letto tantissimo, in generale e non me ne vanto di certo, ma Holmes è unico, sia sulla pagina che sullo schermo. Lo si può interpretare in tanti modi. Non è solo un uomo cerebrale, è anche un uomo d’azione. Leggi Conan Doyle e ti rendi conto quanto gli piacciano le pistole e gli stiletti, e se c’è da pestare qualcuno Holmes non si tira mai indietro. Ama la boxe. Un Holmes d’azione non se l’è inventato Guy Ritchie”.

Infatti questo secondo episodio è ancora più pieno di azione, lotte e acrobazie, come è andata? “Rispetto al primo Sherlock Holmes ho imparato a preservarmi meglio. – continua l’attore - Niente lividi e punti di sutura. Le cose rischiose le lascio fare volentieri alla mia controfigura. Però la cosa buffa è che il set è imprevedibile e a volte ci siamo ritrovati a girare scene davvero ardite io e Jude Law e in quelle d’azione abbastanza ordinaria, come una piccola corsa, subentrava lo stuntman. Però sono vicino ai 50 anni e ho detto a Guy fammi apparire fantastico e fisicamente capace sullo schermo, altrimenti te la farò pagare”.

Quello che si percepisce in maniera evidente è l’alchimia totale che esiste tra lei, Jude Law e il regista. Siete amici anche nella vita o avete trovato un’armonia di lavoro? “Siamo molto amici anche nella vita – dice Downey Jr. – ed è verissimo quello che dite perché è la chiave di svolta e di riuscita di entrambi i due film. E, sia chiaro, questa non è una condizione che trovi sempre sui set, è una fortuna piuttosto rara. Abbiamo un enorme rispetto uno dell’altro, ci sentiamo totalmente liberi da ogni tipo di paranoia e ognuno di noi ha sempre mantenuto la propria professionalità e la propria personalità senza compromessi e senza filtri. Detto questo il capo della gang rimane Guy Ritchie (ride n.d.r.), no è vero, è lui il vero leader e il suo talento sta nel guidare il cast e tutta la troupe senza mai urlare, senza impartire ordini. E’ un’ottima guida perché ha sempre un atteggiamento di apertura, lascia spazio anche all’improvvisazione e sa trarre il meglio da ogni persona”.

Lei nella sua lunga e incredibile carriera ha sempre variato è passato da film piccoli, indipendenti a blockbuster, cosa farà in futuro? “A parte che mi vedrete in The Avengers e siamo ancora dalle parti dei blockbuster, io effettivamente, rimango un newyorkese indipendente anche se vivo a Los Angeles da molti anni. Lavoro con Susan, la mia seconda moglie che è produttrice e che presto mi renderà padre di un secondo bambino, e non posso essere più soddisfatto di così. Ma per tornare alla domanda insieme a Susan stiamo lavorando su un paio di progetti a basso budget in cui io possa fare qualcosa di completamente diverso da questi filmoni. Magari anche dirigerne uno, anche se, da quanto mi risulta, fare il regista è un lavoro piuttosto faticoso... e non so se sono pronto. Diciamo che mi piacerebbe fare il regista con gli stessi orari, incombenze e responsabilità che ha un attore. Detto questo sono perfettamente d’accordo con quello che è emerso durante questa conversazione. Non esiste solo il cinema indipendente e i blockbuster hollywoodiani. Sherlock Holmes è la tangibile dimostrazione che unendo talenti con background diversi puoi ottenere ottimi risultati. Io e Guy abbiamo una mentalità molto indie, quindi piuttosto rivolta alla libertà e al non sottostare alle ‘regole’ dello star system, però abbiamo avuto anche la quantità di denaro adatta per realizzare un film pieno di effetti speciali e con altri attributi che necessitano di soldi. E, mi pare che il risultato abbia superato l’esame. Vedremo come andrà al botteghino. Se avrò un Buon Natale dipende anche da questo... scherzo, prima di tutto c’è la nascita tra un mese del mio secondo figlio. Elementare gente!”.



http://www.primissima.it/cinema_news/sched...mes_number_two/

foto della sera a Roma


 
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